Non decidi solo tu
Offrire il meglio, o il meno peggio
[È un articolo lungo, as usual, dunque puoi leggerlo o, se preferisci, ascoltarlo cliccando qui]
Mia figlia mi dice spessissimo questa frase: non decidi solo tu.
Talvolta aggiunge: decido io. Oppure: decido anche io.
Non so da dove abbia mutuato l’idea che decida tutto io, o che io voglia decidere tutto, come se fossi un’entità tirannica. Probabilmente è il modo in cui mi pongo rispetto alla vita, o probabilmente è ciò che sente dire a suo padre, o magari sono effettivamente una che decide tutto da sé.
Se questo mi piaccia, oppure no, non saprei.
Se decida io per un’innata vocazione al comando, o se decida io perché nessun altro si assume la responsabilità di decidere insieme a me, non lo so.
Ciò che però vorrei rispondere a mia figlia, 4 anni e mezzo quasi, quando mi dice che decide anche lei, è che è vero. Decide tantissimo. Lo ha sempre fatto.
Ha deciso di esistere, in primo luogo.
Ha deciso di resistere a una gravidanza per varie ragioni turbolenta.
Ha deciso di prendere a calci i miei fibromi uterini e liberarsi la strada per sbarcare nel mondo. Ha deciso di farlo con due settimane di anticipo. Ha deciso quando dormire e quando vegliare, quando mangiare e quando sputare il cibo. Ha deciso tutto, soprattutto all’inizio. Poi ha continuato a farlo, con la fase oppositiva, i famosi terrible two, che poi diventano i threenager, che poi diventano i fournado…
e anche oggi è lei che decide che alle 8.30 della domenica mattina ci alziamo tutti. E non mi lamento, per carità, è una creatura che dorme, in genere fa tutta una tirata, nel suo lettino, sì sì, e comunque le 8.30 non sono mica l’alba, lo so. Però dormire un’ora in più nel weekend non dispiacerebbe a noialtri, noi “grandi”.
In ogni caso, pur senza che lei decida attivamente le cose, la sua presenza è stata decisiva in ogni decisione, dal momento in cui è arrivata. Quindi sì, possiamo dire che anche lei decide, eccome se lo fa, perché noi non decideremmo altrimenti di andare al cinema a vedere Peppa Pig (o a fare qualsivoglia genere di assurda attività pensata per i bambini, e per spennare i loro genitori contemporanei).
Forse non farei neppure l’albero di Natale quest’anno, per quanto sono stanca, e invece lo farò, certo che lo farò. Per lei. Perché lei c’è. Esiste. È una persona con cui viviamo insieme e cresciamo (lei) e invecchiamo (noi), ogni giorno, ogni notte, da quattro anni e mezzo quasi.
Quindi sì, amore mio, in un certo senso tu decidi, eccome se decidi.
Però la responsabilità delle decisioni è mia e di tuo padre. È nostra, che siamo, carta canta, gli adulti della situazione. E siamo noi adulti che, a un certo punto, dobbiamo capire cosa sia meglio per te o, più realisticamente, cosa sia meno peggio. Un po’ come quando vai a votare turandoti il naso (che è il passo immediatamente precedente all’astensionismo).
E così mi chiedo: cosa è peggio? Fare il Natale separati, perché mamma e papà non fanno che litigare e almeno separati siamo tutti più tranquilli, oppure è peggio trovarsi in mezzo ad adulti che intrattengono una relazione conflittuale, e non la curano, e non la chiudono?
Cosa è peggio: sentire la mancanza di un genitore quando si è con l’altro, oppure averli insieme nell’assenza di armonia, concerto, gentilezza, anche solo serenità… sapendo cioè che di lì a 15 minuti, oppure 40, oppure 3 ore, al massimo l’indomani, si salta di nuovo tutti per aria, a litigare, per qualsiasi ridicola, enorme, insormontabile stronzata? E l’alternativa possibile quale sarebbe? Il silenzio punitivo? Il muso lungo?
Ecco amore mio, tu decidi quello che puoi decidere. E noi decidiamo anche per te, al momento, un po’ come tutti i genitori fanno, come i nostri genitori hanno fatto con noi, come la famiglia nel bosco, che c’ha torto, che c’ha ragione, non lo so, possono stabilirlo gli organi competenti, mica noi, ma a quale titolo poi, ma di questo parlerò sul mio canale Youtube.
Non so se decidiamo bene. Non so se decidiamo male. E non so quante colpe ci darai, quanto potrai lamentarti di noi.
A volte quando sei in protesta mi dici “Mamma, è tutta colpa tua”, e mi spezzi un po’ quando lo fai, ma capisco. Sono del resto l’unica che ti dica dei “no”, l’unica che ti dia delle regole, in questo ruolo capitato e non scelto, perché mai avrei scelto di diventare io la persona deputata alla disciplina e alla struttura (è quasi ironico, in effetti), mai avrei scelto di interpretare la parte dello “sbirro cattivo”.
È più facile ed è più piacevole viziarti, assecondarti, compiacerti, dartela vinta, ma non sono tua nonna o tua zia. Sono tua madre.
Tuo padre, come la maggioranza dei padri, vuole piacere alla figlia femmina e tu, come la maggior parte delle figlie femmine, vuoi piacere a tuo padre. Ed è comunque sempre meglio di un padre padrone. Quindi, lo capisci, tocca a me, essere la cattiva.
Sappi però, amore mio, che la colpa non è mai tutta solo di una persona. Neppure la responsabilità. Coppia si è in due e soprattutto genitori si è in due. Si può smettere di essere coppia ma non si smette di essere genitori. Mamma è sempre la tua mamma. Papà è sempre il tuo papà. Non è tutta colpa mia e non è tutta colpa sua. Ho le mie ragioni io, e ha le sue ragioni lui. Ma soprattutto ci sono le ragioni tue, che hai diritto ad avere la versione migliore della tua mamma e la versione migliore del tuo papà, anche se questo dovesse significare che mamma e papà non stanno più insieme.
Anzi, amore mio, se posso dirtela tutta la verità, decidere è oneroso, sai? Anche perché quando si decide, spesso si sbaglia. Tutti sbagliano, quando decidono. Ci sarà sempre qualcosa di sbagliato, anche se ci avrai pensato a lungo (anzi, a volte pensarci troppo a lungo, inibisce l’istinto che invece è prezioso, è fondamentale). D’altra parte, se ti astieni sempre dal decidere le cose, alla fine le subisci tutte, perché le cose accadono lo stesso.
Per carità, a volte si decide bene. Ci sono scelte giuste, intuizioni corrette, strade indovinate. A volte ordinerai il piatto migliore dal menù, a volte no. A volte sarai soddisfatta, a volte penserai di aver subito una truffa.
E se posso dirtela fino in fondo, la mia verità, che non è la verità assoluta, per carità, ciò che decido io, ciò che io ho deciso, ciò che ciascuno di noi decide, ciò che anche tu deciderai, è solo una parte di ciò che ci accade.
Ci saranno cose che succederanno e che non deciderai tu. E il grosso della partita si gioca lì. Nel reagire a ciò che non puoi scegliere né governare. È come col Monopoli, la carta imprevisti, la carta probabilità. Certo, se riesci ad accaparrarti Parco della Vittoria e Viale dei Giardini sei fortunata. Ma già quello dipende dal caso, dalle proprietà distribuite all’inizio del gioco (ottima metafora della società capitalista, il Monopoli, va detto).
Nella vita gli imprevisti e le probabilità sono tantissime e non arrivano una alla volta, una volta ogni tanto. Arrivano spesso insieme. E ciascuno di noi fa il meglio che può tra le penalità e le potenzialità che ha in partenza, gli svantaggi e gli infortuni che accumula nel tempo, le competenze che acquisisce, i piccoli talenti che coltiva, le persone di cui si circonda.
Allora proviamo a metterla giù così, vediamo se funziona meglio: decidiamo insieme.
Decidiamo insieme che vivere insieme può essere bello. Può essere ricco di piccoli rituali e liturgie condivise, di abitudini che significano casa, conforto, amore, tenerezza, cura, accoglienza. E sì, ci si sta un po’ antipatici, a volte, quando si vive insieme, è normale. A tuo papà non piace che io dissemini la casa di bottiglie d’acqua piene a metà. A me non piace che lui lasci sempre le ante dei mobili aperte - o chiuse male. Ci sono i conflitti, ogni tanto, ma non sono la sola cosa che c’è e che può esserci. A te non piace quando è ora di mangiare, ma tu vuoi giocare; è ora di fare il bagnetto, ma tu vuoi giocare; vuoi sempre giocare e a volte ci dici “Scusate, ho molto da lavorare”. A nessuno di noi piace mettere a posto i giochi che hai seminato ovunque in casa.
Però si può vivere insieme e andare d’accordo, e ogni tanto litigare, ogni tanto ci si può arrabbiare, oppure essere tristi, oppure spaventati (se compare un insetto, per esempio). La maggior parte del tempo, però, la maggior parte dei giorni, è importante saper ridere e sorridere dei guai, proprio come non facciamo mai, e poi pensare che domani sarà sempre meglio (semi-cit).
*Dove e quando ci vediamo dal vivo?*
Domenica 14 dicembre, ore 17 c/o Gené, Piazzale Governo Provvisorio 4, MILANO. Qui il link per prenotare il tuo posto! Sarà l’ultimo salotto dell’anno e il tema scelto è LA SOLITUDINE… vi aspetto!
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Non sono genitore ma ho sposato un uomo che ha una figlia. Stiamo insieme da quando lei aveva 8 anni.
Sono stata e sono un genitore di seconda linea. E non ho mai deciso, semmai ho assunto il ruolo di suggeritore al padre ( che come il padre di tua figlia non chiude le ante dei mobili e lascia i cassetti aperti…🙄). Io e lei lavoriamo assieme da 19 anni e in questo lasso di tempo ho dovuto giostrarmi tra l’essere il suo datore di lavoro e il suo “genitore surrogato” senza mai poter accollarmi decisioni in modo autorevole, ma sempre aggirando e agendo in modo da risultare una decisione condivisa.
Ed è fatica.
Tuttavia sono l’AD di coppia per tutte le decisioni familiari: gestione della casa, gestione delle finanze, proposte vacanze, albero di Natale, agenda compleanni familiari…
Fortunatamente il consiglio di amministrazione mi da carta bianca su queste questioni 😅( credo, temo, per pura convenienza…ma va be’ 😅)
Rimane il fatto che la responsabilità c’è ed è mia.
Per me il modello ideale è la democrazia. Ma mi tocca ammettere che a volte questo sistema vacilla e può portare danni ( anche in politica…)Quindi a volte, e forse anche più che a volte, dobbiamo diventare un po’ dittatori. Dittatore che spiegano e dialogano, ma pur sempre dittatori